venerdì 16 maggio 2014

I critici per Marisa Marconi: Mauro Raponi



Marisa Marconi è vicina ad Amadio nella vita, ma nell’arte conserva un pathos esistenziale a cui è estraneo il secondo. I vari materiali scultorei che sceglie, legno, bronzo, marmo, vivono di quel dramma come forme attonite.
Il corpo umano nella scultura della Marconi è però figura incerta, indefinita, ottenuta con un costante non-finito michelangiolesco e, a guardare meglio, per esempio nel ligneo "Autoritratto" dell’85, troviamo forse più di un riferimento alla tradizione umanistica italiana. È lo stesso esistere, inteso come mutare dello spazio nel fluire del tempo, che determina nella sua opera l’evanescenza delle forme, l’accennare delle pose.
Come nei "Sudari", grandi tele monocromatiche aerografate che ripropongono bidimensionalmente un chiaroscuro volumetrico; tracce di corpi forse neanche più materiali. L’intensità della Marconi scaturisce dalla continua volontà di liberare lo spirito dalla sua fisicità, ed è contrasto.

Mauro Raponi

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