Marisa Marconi è vicina ad
Amadio nella vita, ma nell’arte conserva un pathos esistenziale a
cui è estraneo il secondo. I vari materiali scultorei che sceglie,
legno, bronzo, marmo, vivono di quel dramma come forme attonite.
Il corpo umano nella scultura
della Marconi è però figura incerta, indefinita, ottenuta con un
costante non-finito michelangiolesco e, a guardare meglio, per
esempio nel ligneo "Autoritratto" dell’85, troviamo forse
più di un riferimento alla tradizione umanistica italiana. È lo
stesso esistere, inteso come mutare dello spazio nel fluire del
tempo, che determina nella sua opera l’evanescenza delle forme,
l’accennare delle pose.
Come nei "Sudari",
grandi tele monocromatiche aerografate che ripropongono
bidimensionalmente un chiaroscuro volumetrico; tracce di corpi forse
neanche più materiali. L’intensità della Marconi scaturisce dalla
continua volontà di liberare lo spirito dalla sua fisicità, ed è
contrasto.
Mauro Raponi
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