sabato 31 maggio 2014

venerdì 30 maggio 2014

I poeti per Marisa Marconi. Le immagini


Emanuele Feliziani


Enrica Loggi


Maria Teresa Urbanelli


Bianca Maria Massi


Il quinto poeta. Al centro Vittorio Amadio





domenica 25 maggio 2014

Marisa Marconi e i poeti... la presentazione di Ombre penombre sfondi e chiarori che vola sui versi


Marisa Marconi, Massimo Consorti, Vittorio Amadio, Bianca Maria Massi, Enrica Loggi, Maria Teresa Urbanelli, Emanuele Feliziani


Marisa Marconi, Massimo Consorti, Vittorio Amadio, Bianca Maria Massi, Enrica Loggi, Maria Teresa Urbanelli, Emanuele Feliziani


Marisa Marconi, Massimo Consorti, Vittorio Amadio, Bianca Maria Massi, Enrica Loggi, Maria Teresa Urbanelli, Emanuele Feliziani


Marisa Marconi, Massimo Consorti, Vittorio Amadio, Bianca Maria Massi


I poeti: Bianca Maria Massi, Enrica Loggi, Maria Teresa Urbanelli, Emanuele Feliziani


La sala della presentazione con "Amadio" sullo sfondo






venerdì 23 maggio 2014

Si allestisce... E oggi la presentazione di "Ombre penombre sfondi chiarori". Catalogo delle opere pittoriche di Marisa Marconi


Marisa "piccola", Pier Giorgio Camaioni e, sullo sfondo, Massimo Consorti


Il maestro Vittorio Amadio, Massimo Consorti e Pier Giorgio Camaioni


Ma oggi sarà tutto diverso



I critici per Marisa Marconi: Carlo Melloni


Marisa Marconi. I fantasmi che vivono in noi




Dal nero profondo delle certezze annientate, risalgono all’evidenza, frammiste ai vessilli delle ambigue primazie d’un tempo, le forme rigonfie di un presente troppo soffocato da fobìe e da psicodrammi esistenziali, per tentare di disvelarne i dettagli identitari. Epifanie di un cosmo che ci appartiene, ma bersaglio di un rigetto provocato da amnesie e disprezzo del tempo perduto, più che dall’angoscia di incrociare gli itinerari di Thanatos, queste presenze emergenti dai misteri psicologizzati della notte ci inseguono nei torbidi meandri delle nostre coscienze dilaniate dai troppi conflitti interiori e non ci offrono alcuna via di scampo. 
Lampi di luce accecanti come flash forano la spessa coltre dell’oscurità e ci sollecitano ad una ricognizione di forme corporee presumibili, volumi frattali, facies antropozoologiche che, a poco a poco, risalgono i sentieri intasati della nostra memoria, la sollecitano ad una presa di (ri)conoscenza di quelle epifanie, non importa se a prezzo di una full immersion dagli effetti talvolta shoccanti. Perché questi coaguli di luce che galleggiano come asteroidi di un buco nero nello spazio indefinito di un tempo senza tempo sono - come sembra in ultima analisi suggerirci Marisa Marconi - semplicemente i fantasmi dei nostri desideri incompiuti, delle nostre voglie represse. Se le cose stanno così, si spiega la voracità voyeuristica con cui osserviamo questi dipinti.




Carlo Melloni
 - Maggio 2007

mercoledì 21 maggio 2014

I critici per Marisa Marconi: Isabella Monti



Marisa Marconi nasce artista autodidatta; ascolta la voce istintiva di una sensorialità che non è insegnata nelle accademie e che non è scritta in alcun programma estetico.
 Come per Murer, soggetto costante della sua operazione artistica è l’uomo visto nella drammaticità della sua esistenza, nel momento dinamico della integrazione, che crea sempre conflitto: tra la libertà dell’essere e la costruzione/costrizione sociale; tra la sua stessa intelligenza e le forze naturali. Le opere sono intrise di questo dissidio - come ne fossero il campo di battaglia -.
Le tracce umane sulle tele sono colte nell’intimità del loro dolore, e non è il volto più espressivo del corpo. La tensione muscolare nella sofferenza affiora dal piano della sua presenza naturale fino a collimare con la concreta sensazione, per il tramite della impronta lasciata sulla tela da un ipotetico corpo contratto, torto, soggetto passivo di una violenza morale e fisica, o per il tramite del legno da cui affiora un corpo in movimento fino all’ultimo muscolo, vitale, caldo, fors’anche sensuale.

Isabella Monti

domenica 18 maggio 2014

I critici per Marisa Marconi: BalthasaR


L’arte come liberazione dell’ansia pubblicitaria




La scultura e la pittura di Marisa Marconi esprimono la convinzione del superamento dell’ansia di artista, che fa dipendere la riuscita dalla lode e dal biasimo della "plebs" impavida e spettatrice.
La Marconi non sposta l’asse del proprio interesse dall’esercizio scultoreo; l’equilibrio, la serenità, la sicurezza del tocco sulla materia sono garantite dal conseguente e risoluto fidarsi unicamente delle aspirazioni che l’animo detta dentro, laddove ha origine la bellezza e la verità dell’essere. La riflessione, il dialogo continuo che la Marconi intraprende con se stessa tende infaticabilmente a liberare la propria anima dall’assillo sempre insorgente delle preoccupazioni esteriori. È l’arte sempre tersa, di bellezza trascendente, che si riverbera nelle linee e nelle masse dinamiche, che tendono a sfuggire ai limiti della costrizione materiale. Inavvertitamente, c’è il riflesso dell’animo che desidera recuperare l’intimità "introversa", che si avvolge nelle forme d’immanenza di se stessa. È il ritorno alla pace interiore come ambizione dell’artista, che costantemente la pone al superamento del richiamo esteriore e della provocazione dell’interesse della pubblicità spocchiosa.
Infine, la sua scultura infrange ogni residuo di plagio o di attesa consensuale, per escludere ogni definizione nell’indistinto magma di produzione soggetto alla classificazione interessata.

Balthasar R.

venerdì 16 maggio 2014

I critici per Marisa Marconi: Mauro Raponi



Marisa Marconi è vicina ad Amadio nella vita, ma nell’arte conserva un pathos esistenziale a cui è estraneo il secondo. I vari materiali scultorei che sceglie, legno, bronzo, marmo, vivono di quel dramma come forme attonite.
Il corpo umano nella scultura della Marconi è però figura incerta, indefinita, ottenuta con un costante non-finito michelangiolesco e, a guardare meglio, per esempio nel ligneo "Autoritratto" dell’85, troviamo forse più di un riferimento alla tradizione umanistica italiana. È lo stesso esistere, inteso come mutare dello spazio nel fluire del tempo, che determina nella sua opera l’evanescenza delle forme, l’accennare delle pose.
Come nei "Sudari", grandi tele monocromatiche aerografate che ripropongono bidimensionalmente un chiaroscuro volumetrico; tracce di corpi forse neanche più materiali. L’intensità della Marconi scaturisce dalla continua volontà di liberare lo spirito dalla sua fisicità, ed è contrasto.

Mauro Raponi

La copertina di "Ombre penombre sfondi chiarori". Presentazione il 24 maggio 2014


L'evento su Facebook

giovedì 15 maggio 2014

I critici per Marisa Marconi: Giorgio Di Genova


... Marisa Marconi, che divide gli stupendi spazi di Palazzo Malaspina col marito Amadio, si applica con uguale impegno nella pittura, nella scultura e nella grafica. Nella presente occasione presenta quattro dipinti all'aerografo ed una scultura in legno di noce, Era, sulle cui superfici si possono ritrovare movimentazioni simili a quelle con cui costruisce i dipinti, nonché i graffi della subbia non distanti da quelli che il bulino attua sulla lastra prima della immersione nell'acido per le debite morsure. Il suo discorso è tutto incentrato sulle presenze delle assenze, che negli iniziali anni Ottanta hanno avuto una prima epifania in quella sorta di sudari, veri e propri distillati somatici, che hanno dato vita al ciclo dell'Obsolescenza. Quasi a voler ribadire che la vita è transuente e che ogni esistenza è destinata a lasciare solo tracce labili, ella in questo ciclo s'è applicata a restituire le frammentarie e frammentate permanenze dell'immagine, non più fisicamente tangibile, ma solo ricordo visivo di ciò che il telo steso sul corpo manteneva tra le pieghe.
Gli effetti della "rugosità" di tale ricerca col tempo hanno talmente affascinato l'artista che s'è fatta prendere dal gioco casuale delle pieghe, le quali sono diventate protagoniste del suo dipingere a discapito della precedente impronta somatica a contatto, con letterale capovolgimento di visione e concezione. Infatti il rapporto con il corpo nella sua pittura soffiata è passato dal sotto al sopra, ossia dalle forme somatiche intraviste sotto il sudario del ciclo dell'Obsolescenza alle pieghe determinate sul lenzuolo dal peso del corpo che vi si era disteso. Da principio sono stati i ritmi irregolari e radiali delle pieghe a interessare la Marconi, la quale su di esse ha pensato di costruire le sue composizioni aniconico-impressive (Flussi 1991), ma subito tali pieghe si sono tramutate ai suoi occhi in spettacolo fascinoso tanto da considerarle addirittura teatralmente, come fa sospettare il titolo di un'opera del '92, che è appunto Andare in scena. ...

Giorgio Di Genova

mercoledì 14 maggio 2014

I poeti per Marisa Marconi: Vittorio Amadio (un po' per gioco, un po' per amore)



Un po' per gioco un po' per amore


Giù
profonda l'elevazione
a dorso di mulo
una via assoluta oltre il tempo
nello spazio infinito


Vittorio Amadio


lunedì 12 maggio 2014

I poeti per Marisa Marconi: Luciano Roncalli


A Marisa Marconi

Il gatto

Dietro i vetri seduto
 desolato di noia un gatto
 l'occhio nel vuoto perduto.
La sua pura anima felina.
Sogna l'impossibile duello
 coi gabbiani striduli 
bassi plananti sulle 
terrazze degli alberghi.

La sua pura anima felina.

Luciano Roncalli (1999)

giovedì 8 maggio 2014

I poeti per Marisa Marconi: Bianca Maria Massi



Da un fremito
di ala nivea
ripara la carne
in folgore di luce.
Impietoso impulso divino
all'ardimento umano.




Bianca Maria Massi

lunedì 5 maggio 2014

I poeti per Marisa Marconi: Maria Teresa Urbanelli



La luce


Cercavo la luce, un’introvabile
alba feconda di memorie e di futuro.
L’ho invocata dagli antri bui della mente,
sprofondata in tortuose riflessioni,
nella notte di ogni notte;
ho varcato confini,
territori inesplorati,
fino a che, inattesa,
non è sgorgata fulgida
dalle feconde mammelle
di ogni essere.
E ho ripreso la vita.


Maria Teresa Urbanelli






giovedì 1 maggio 2014

I poeti per Marisa Marconi: Alessandra Morelli



Gridando faccio ore di fuoco

Nel ritmo siderale si coglie la partitura delle stagioni, dalla fioritura al raccolto, dell’amore, della perdita, del rinnovamento, evocati con la delicatezza interiore di una gestualità impercettibile come l’ombra di una scia celeste. Il silenzio del seme, il fruscio della gemma e l’esplosione della forma, sono movimenti di un unico desiderio di epifania, che l’artista sembra sondare con la fede contemplatrice dei profeti.

Alessandra Morelli